Locandina Film Il giovane Karl Marx

Il giovane Karl Marx

(Le jeune Karl Marx)

Film

Drammatico

Biografia dall'impianto classico che propone un Marx inedito, scapestrato e romantico.

diRaoul Peck

conAugust Diehl, Stefan Konarske, Vicky Krieps, Olivier Gourmet, Hannah Steele, Alexander Scheer, Michael Brandner

durata: 118 min. produzione: FR-GER.-BEL (2017)

Link al sito: http://www.der-junge-karl-marx.de/

Alla metà del Diciannovesimo secolo l'Europa è in fermento. In Inghilterra, Francia e Germania i lavoratori scendono in piazza per protestare contro le durissime condizioni nelle fabbriche, e gli intellettuali partecipano come possono all'opposizione. Uno di loro, il tedesco Karl Marx, a soli 26 anni è costretto a rifugiarsi a Parigi insieme alla moglie Jenny. Qui Karl conosce un suo coetaneo, Friedrich Engels, che, nonostante provenga da una ricca famiglia di industriali, simpatizza con le sue idee rivoluzionarie. Superate le prime resistenze, fra i due ragazzi nasce una solida amicizia che li porterà a conquistarsi la stima dei capi dei movimenti dei lavoratori. Fino a diventarne leader a loro volta.

 

Diciamolo subito, che non sarà certo la confezione del film a portarci al cinema sulle tracce del giovane Marx.

 

Che già dal titolo (identico all'originale, Le jeune Karl Marx), predispone a una visione pedagogica, da prima serata in tv: il filone è quello delle grandi biografie storiche, delle agiografie laiche con interpreti di tendenza, non fosse che il personaggio al centro della "lezioncina" è un uomo che il cinema non era mai riuscito a raccontare. Almeno finora.

Apparso di sbieco solo in un paio di sceneggiati tv, Karl Marx entra qui in scena, per la prima volta da protagonista, nel film di Raoul Peck, con il volto e il corpo di August Diehl. Un interprete in parte ma sopra le righe, a volte troppo compiaciuto, che tuttavia serve a perfezione l'obiettivo: rappresentare Marx come uomo prima che come filosofo, come artista prima che come teorico, raccontarlo arrabbiato, innamorato, umiliato, ubriaco, come fosse una persona normale.

Potente la lettura storica che il regista compie attraverso i personaggi, con Karl Marx e Friedrich Engels (Stefan Konarske, volto azzeccato) trasfigurati nel Giano Bifronte della sinistra: da una parte la faccia creativa, passionale, bohémienne in bilico con l'autodistruzione, dall'altra quella solidamente borghese, oggi diremmo radical chic, che foraggia e sostiene la prima. Ed è chiaro che la simpatia dell'autore è tutta per lo "scapestrato Marx", le cui radici - le sue e quelle del comunismo - per Peck affondano e si nutrono degli ideali di un preciso movimento artistico e culturale: il Romanticismo.

Quella raccontata ne Il Giovane Karl Marx è un'epoca in cui fare politica non è una carriera, ma un percorso fatto di slancio e passione, ricerca di risposte a domande urgenti, elaborazione di ideali necessari. E chi ci si lancia anima e corpo, rischiando la vita e la galera, la povertà o la solitudine, sono ragazzi di poco più di vent'anni (quando La Lega dei Giusti diventa, grazie all'apporto di Marx ed Engels, la Lega dei Comunisti, Marx ha solo 29 anni). È una politica che è davvero discorso della polis, della comunità, e Peck ce lo dice mettendo in scena ogni volta che può filosofi e lavoratori schiacciati l'uno contro l'altro in sale piene di fumo e di sudore, tutti rigorosamente in piedi, a fare la conta delle mani per prendere le decisioni. Una politica in cui a contare sono sì le idee - solo le più forti si propagano per davvero - ma anche le persone che di quelle idee sanno farsi ambasciatrici, portandole fisicamente oltre le frontiere, tessendo reti, scambiando libri, stampando clandestinamente pubblicazioni proibite.

Pedagogico il giusto, certo non rivoluzionario, Il Giovane Karl Marx evita la trappola del film-bignami raccontando, con relativa leggerezza, un'epoca in cui i lavoratori di tutto il mondo si univano senza per forza condividersi. E non erano i like ad accendere le rivoluzioni, ma uomini in carne e ossa. Con i loro appetiti e le loro passioni.

 

Recensione di Ilaria Ravarino

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