Locandina Film La mia vita con John F. Donovan

La mia vita con John F. Donovan

(The Death and Life of John F. Donovan)

Film

Drammatico

Un'opera intima e fragile sulla celebrità e la tossicità della gloria, sempre dalla parte del cuore.

diXavier Dolan

conKit Harington, Natalie Portman, Emily Hampshire, Sarah Gadon, Thandie Newton, Jacob Tremblay, Susan Sarandon, Jared Keeso, Kathy Bates

durata: 123 min. produzione: U.S.A. (2018)

Rupert Turner ha otto anni e una passione smisurata per John F. Donovan, star della televisione americana e supereroe sul grande schermo. Fan irriducibile, avvia con lui una corrispondenza regolare che nasconde a tutti, anche alla madre, giovane donna in ambasce che prova a ricostruirsi una vita. Il segreto non sfugge però al bullo della scuola, che ruba le lettere di Rupert scatenando la sua ira e la reazione sproporzionata dei media. Ma Rupert è più forte di tutto, perfino del suo idolo di cui segue le tracce diventando un attore altrettanto affermato. Una celebrità che adesso si confessa al microfono di una giornalista scettica a cui racconta la sua vita con John F. Donovan.

Due epoche, due continenti e due storie, La mia vita con John F. Donovan comincia al principio degli anni 2000 in America ma viene raccontato dall'Europa una decina di anni più tardi iniziando dalla fine: la morte del personaggio principale.

Flashback e narrazione all'imperfetto, voce off e modalità tragedia attivata. Lontano da Montréal per la prima volta e alla conquista di un nuovo territorio, Xavier Dolan convoca una rosa di star (Kit Arrington, Natalie Portman, Susan Sarandon) e punta (a) Hollywood. Perché La mia vita con John F. Donovan è un film sulla celebrità e sulla tossicità della gloria. Ma è pure un racconto sulle virtù dell'idolatria, di fatto il co-protagonista è un bambino che ammira istericamente il divo del titolo.

L'ammirazione di Rupert per John F. Donavan evoca quella di Dolan per Leonardo DiCaprio. Bambino-attore negli anni Novanta col poster-boy in cameretta, a soli otto anni scrisse una lettera rimasta senza risposta all'attore americano. Ed è ancora lui a nascondersi dietro a Donovan, star della televisione a disagio con la notorietà e costretto a dissimulare la propria omosessualità per non intaccare la sua immagine pubblica.

L'intero film rimanda incessantemente al suo autore e alla sua filmografia, dalla struttura in flashback di Laurence Anyways alle canzoni pop, dalle discussioni in macchina sotto la pioggia alle fughe, dalla relazione madre-figlio alla violenza che cova nel romanzo familiare, dalla lotta per affermarsi alla ricerca di conforto in una figura ideale. È soprattutto quest'ultimo motivo a scandire La mia vita con John F. Donovan, concentrato sulla suggestione che emanano i modelli, siano questi illusori come gli eroi della televisione o reali come le proprie mamme, e sull'eredità che lasciano dopo la loro dipartita.

Esemplare a questo riguardo la distribuzione delle parti, Dolan affida due ruoli centrali a Kit Harington (Il Trono di spade) e a Thandie Newton (Westworld), star di HBO e idoli dei millennials. A Susan Sarandon, Natalie Portman e Kathy Bates, tre dive del cinema nineties, assegna personaggi materni. 'Figura genitoriale' che nel cinema di Dolan è sempre ambivalente, ordinaria e sublime. Madri da prendere o lasciare senza mezze misure, mamme a cui cantare il proprio amore in un karaoke (Mommy) o dentro una sala da bagno (La mia vita con John F. Donovan), dove Kit Harington e Jared Keeso (suo fratello nel film) intonano "Hanging by a Moment" dei Lifehouse.

Prima produzione americana piantata tra un film che parla un'altra lingua (È solo la fine del mondo) e uno che ritorna a parlare québécoise (Matthias & Maxime), La mia vita con John F. Donovan è forse il film più intimo di Dolan dai tempi di J'ai tué ma mère. Malgrado l'armatura hollywoodiana, è un'opera fragile, eccessiva e sbilanciata, sempre dalla parte del cuore. Un'opera che vacilla a ogni scena, offrendo momenti intensi e istanti sconnessi, procedendo tra un'andata e un ritorno, tra New York e la periferia londinese.

Il film debutta con la morte del divo e prosegue con un'inchiesta sul senso di quella morte. Al centro due personaggi che tutto sembra separare ma che si rivelano uniti dalla loro sensibilità e dalle rispettive esperienze: l'assenza del padre, il rapporto conflittuale con la madre, la scoperta burrascosa della loro omosessualità, la fascinazione che volge in autodistruzione. Se la star interpretata da Kit Harington coi suoi photoshoot, la discoteca di notte, la perdita di controllo sul set, la doppia vita, la ricerca della gloria e i suoi effetti collaterali non va al di là dell'archetipo, i personaggi di Susan Sarandon, Natalie Portman e Jacob Tremblay lo fuggono perché Dolan lascia loro più spazio per esistere e vincere in nuance.

Lirismo e grana grossa convivono in un best of improntato a un classicismo ereditato dal cinema americano e caro al giovane autore, che conferma i suoi manierismi, il suo grande senso del romanzesco, la sua capacità di mescolare passato e presente, di reinventare brani della sua vita, rendendoli ogni volta più appassionanti.

I difetti di stile si scontrano e si annullano davanti alla sua sincerità, al suo entusiasmo e alla sua fede incrollabile nella vita e nelle cose della vita. Certo, alla fine del film è lecito domandarsi se non sia tempo per Xavier Dolan di evolvere, di trovare nuove direzioni cinematografiche, di fare rotta verso nuovi orizzonti narrativi, verso nuove emozioni e nuovi colori. La risposta arriva nel film successivo. Il desiderio narcisistico di regressione, pienamente assunto nel cambiamento di scala hollywoodiano, vacilla un anno dopo in una commedia sentimentale che ritrova il carattere artigianale del suo cinema. Sorpreso nell'ora in cui è necessario scegliere se andare o restare, Xavier Dolan ritorna a casa e alle origini. Il risultato è Matthias & Maxime, un film personale che fa un piccolo passo fuori dalla sua camera di regista-adolescente, a cui auguriamo di lasciarsi alle spalle la mommy tossica e di innamorarsi dall'altra parte del mondo.

 

Recensione di Marzia Gandolfi

Recensione da:

Logo Sito MyMovies.it Sito MyMovies.it