Locandina Film Santiago, Italia

Santiago, Italia

Film

Documentario

NESSUN PASSAGGIO OLTRAGGIOSAMENTE RETORICO, NESSUN EFFETTO D'ATMOSFERA. UN DOCUMENTARIO 'PARTECIPATO' CHE FA ODE ALL'INTELLIGENZA CHE FU.

di Nanni Moretti

durata: 80 min. produzione: ITA (2018)

Recensione di Marzia Gandolfi

Il cinema di Nanni Moretti procura sempre un trasalimento, legato alla presenza ricorrente dell'autore nella sua opera. Che il film si richiami oppure no alla sua esperienza personale, lo spettatore oscilla tra finzione del personaggio e intimità della persona. Dal suo primo cortometraggio, La sconfitta, Moretti ha nutrito questa ambiguità e rilanciato le incarnazioni: Michele Apicella, alter ego collerico intorno a cui forgia il suo cinema fino a Palombella rossa, se stesso nei suoi sorprendenti diari intimi (Caro diarioAprile), personaggio a pieno titolo nelle fiction della maturità (Caos calmo), "a fianco" del suo personaggio nel lutto morale e intimo di Mia madre. Questa evoluzione identitaria ha prodotto una filmografia che è diventata coscienza artistica e politica dell'Italia.

Tre anni dopo Mia madre, Nanni Moretti gira un documentario sul ruolo che ha giocato l'Italia nel colpo di Stato di Pinochet in Cile, nel settembre del 1973.

Realizzato a partire da immagini d'archivio e da testimonianze, Santiago, Italia racconta i mesi che seguirono il golpe del dittatore che mise fine al sogno democratico di Salvador Allende. Il film mette l'accento sul ruolo encomiabile dell'ambasciata italiana basata a Santiago, che diede rifugio a centinaia di oppositori del regime, permettendogli di raggiungere l'Italia.

Lezione di storia narrata da chi ha vissuto la caduta e la morte di Allende, presidente apertamente marxista e democraticamente eletto nel 1970, Santiago, Italia conferma l'eterno investimento personale del suo regista ma sposta la prospettiva in 'prima persona', singolare e libera, alla 'seconda persona'. Persona-testimone capace di portare la novità nel mondo, di cui comprende e narra (quindi ricorda) le gesta. Documentario "partecipato" certo, Moretti interviene durante le testimonianze, le interroga, dona la replica, polemizza, registrando una lunga deposizione corale: la confidenza pubblica di una condizione intima. Lo slittamento di piani tuttavia gli consente di considerare i danni dal punto di vista delle vittime. È un cambiamento che modica e rinforza la nostra idea su ciò che è un danno. Impossibile assistere ai conflitti e alle guerre senza chiederci chi li subisce, chi li patisce. Impossibile staccarsi dalla pena altrui.

 

Avvocati, registi, musicisti, operai, imprenditori, artigiani, giornalisti, insegnanti, medici, traduttori, cardinali, diplomatici, sono i testimoni privilegiati e scampati alle fucilazioni sommarie, scavalcando i muri delle ambasciate. Frontali al pubblico esprimono le ragioni che secondo loro hanno condotto al golpe, raccontano i primi anni, euforici e prosperi, dell'Unidad Popular, l'ombra della Guerra Fredda, le tensioni esercitate su un paese felice, la dittatura durata diciassette anni che causerà più di tremila morti e dispersi, migliaia di torturati, imprigionati, esiliati. A ogni conversazione, Moretti rinnova quella capacità incredibile a suggerire nell'organizzazione concreta delle situazioni uno straripamento emotivo, il tracimare dell'interiorità dei personaggi e delle persone senza alcun altro linguaggio che la grammatica semplice dei piani.

Nessun passaggio oltraggiosamente retorico, nessun effetto d'atmosfera. In Santiago, Italia respiriamo un'aria secca (nel senso di asciutta, sobria, essenziale) che coniuga con un gesto netto la durezza dell'atrocità subita con la dolcezza di un'emozione rievocata, che traccia una linea ben definita tra i militanti e gli assassini, che non si costituiscono come persone nella misura in cui rifiutano di riconoscere che non sono vittime ma responsabili delle circostanze in cui si sono trovati.

Moretti rintraccia e incontra rifugiati politici cileni e li accompagna risalendo il tempo oltre i muri dell'ambasciata italiana in Cile, dove cominciava un'Italia solidale e partecipe, pronta ad accoglierli, desiderosa di accogliere. Un Paese davvero senza limiti, i limiti del diritto d'asilo, dove l'evento dell'altro, sempre inatteso, introduceva possibilità inaspettate. Un laboratorio, come il Cile, di sperimentazioni politiche socialiste dove la solidarietà non era un delitto e dove si era chiamati in ogni istante a rispondere dell'altro e per l'altro. Ode all'intelligenza collettiva che fu, Santiago, Italia torna a casa con un salvacondotto che spalanca(va) le porte su un Paese bellissimo e vigile custode dell'umanità dell'umano. Un Paese oggi irriconoscibile e raffreddato dall'inverno della dittatura qualunquista.

Moretti non smette di urlare il suo dolore, per il 'mancato incontro con l'altro' come tra Omar Sharif e Julie Christie ne Il dottor Živago. Il film lo ha già visto, sa che non c'è più niente da fare ma ogni volta, Nanni spera in un miracolo.

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