Egon Schiele

(Egon Schiele: Tod und Mädchen)

Film

Drammatico

La storia personale dell'artista austriaco attraverso la sua ossessione per il disegno e per le belle donne.

diDieter Berner

conNoah Saavedra, Maresi Riegner, Valerie Pachner, Marie Jung, Larissa Breidbach, Elisabeth Umlauft, Thomas Schubert, Daniel Sträßer, Cornelius Obonya, André Jung, Nina Proll, Luc Feit

durata: 110 MIN. produzione: GER. (2016)

Link al sito: https://www.facebook.com/EgonSchieleIlFilm/?hc_ref=ARQjJCCkFQHO_yPS1MOoY10IPfGmboaMP_X2zmUG4JGpsEOmIv42wxafWGjqKL0NrEU&a

Egon Schiele (1890-1918) è stato uno dei pittori più rappresentativi del secolo passato. I suoi corpi nudi, le donne in pose naturali, sensuali e provocatorie e quei tratti spigolosi e i colori chiari - carnagione bianca e capelli rossi - hanno infatti costituito un bagaglio estetico e concettuale da cui ogni artista a venire non ha potuto prescindere. Schiele è stato un grande artista. E i 300 dipinti a olio e quei 2000 disegni e acquerelli ne sono la prova tangibile.

 

Schiele, il film di Berner, racconta la storia personale dell'artista austriaco - un giovane affascinante, bello e boéhmien - attraverso la sua ossessione per il disegno e per le belle donne che gli stavano intorno.

 

Il film ricorda anche la sua famiglia ricca e borghese, con un padre che ha scialacquato tutti gli averi e una sorella, la dolce Gerti, che lo ha sempre stimato, appoggiato e assistito, fino alla sua morte precoce a soli 28 anni. Quei 28 anni simbolo di tanti artisti/eroi maledetti: dal futuro collega graffitaro Jean Michel Basquiat fino al cantante Kurt Cobain.

Perché Egon Schiele, oltre che un talento, era anche un artista un po' maledetto, o almeno così voleva essere riconosciuto. E il regista si appropria di questo personaggio oltre le righe, ma dal grande rigore quando c'erano di mezzo matita e pennello. La sua urgenza era annotare, disegnare ogni corpo femminile e nudo che gli pareva interessante al momento. Nel film viene rappresentato un personaggio enfatizzato in ogni piccolo dettaglio, tanto da creare un racconto di stereotipi.

Del resto la storia dell'arte, quando  è narrata attraverso la vita dei protagonisti - da Frida di Julie Taymor, allo storico film di Vincent Minnelli su Vincent Van Gogh, fino al recente film animato (anzi, dipinto) Loving Vincent, o al Modigliani interpretato da Andy Garcia, giungendo fino al Picasso, davvero somigliante interpretato da Anthony Hopkins - viene spesso "romanzata", enfatizzata dal cinema: anche se quelle degli artisti non sono mai, infatti, vite banali, e dunque il loro racconto è sempre uno spunto interessante.
Egon Schiele è qui sintetizzato tra una narrazione estetica che racconta una Vienna frizzante dove teatro, balli e bordelli erano gli iniziali protagonisti della sua vita, già da quando fu bandito dall'Accademia di Belle Arti, con qualche interruzione nelle campagne austriache dove l'artista si trasferisce con Wally, modella che lavorava con Gustav Klimt, e suo unico, importante amore. Il regista inserisce immagini visionarie un po' impacciate, provenienti dai pensieri di Schiele dove lo schock e la paura diventano classici cliché dell'artista. Il rapporto con la sorella è, insieme alla creazione e al disegno, il filo conduttore della sua vita, che ha dei punti di interruzione prima con il carcere - quando Egon viene accusato di pedofilia per lo scandalo della minorenne Tatiana - e poi con la guerra, che lo porterà a morire di febbre, assistito da Gerti.
Un dipinto importante, "La famiglia", del 1918, rappresenta una sintesi umana di Schiele: i protagonisti non sono donne nude, in pose erotiche, ma una famiglia composta da madre, padre e figlio, dall'aspetto tutt'altro che rassicurante, ma tormentato, complesso. Come un sogno non realizzato da questo spirito ribelle, che dipingeva non per denaro, ma per necessità e gloria. Quella stessa gloria a cui, prima di lui, avevano ispirato i suoi maestri come Klimt, Kokoscha e la scuola espressionista austriaca.

 

Recensione di Rossella Farinotti

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