Locandina Film Nel corso del tempo

Nel corso del tempo

(Im Lauf der Zeit)

Film

Drammatico

Road movie quieto che è anche un viaggio nella Germania del dopo guerra e pre unificazione

diWim Wenders

conRudiger Vogler, Hanns Zischler, Lisa Kreuzer, Rudolf Schundler, Marquard Bohm, Hans Dieter Trayer, Franziska Stömmer, Patric Kreuzer, Wim Wenders

durata: 175 min. produzione: GER (1976)

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Bruno Winter (Rüdiger Vogler) è un proiezionista che conduce una vita itinerante a bordo di un camion. Robert Lander (Hanns Zischler) è uno psicolinguista separatosi da poco dalla moglie. Le loro strade si incrociano in un evento atipico che ha del grottesco: un incidente in seguito al quale Robert prenderà il soprannome di Kamikaze. Da quel momento intraprendono un viaggio insieme sulla casa a quattro ruote di Bruno vagando per la Germania senza una meta e sulle note leggere di ballate folk, a suon di slide guitar. Le poche soste durante il loro percorso sono rappresentate dalle varie sale cinematografiche dove Bruno di paese in paese ripara proiettori. Una notte passata in un posto di blocco americano posto sulla frontiera darà loro modo di aprirsi l'un l'altro per la prima volta, ponendo tregua al loro rapporto fino a quel momento taciturno. Da lì in poi si produrranno in svariate riflessioni che, fra le altre cose, offrono un punto di vista sulla Germania di quegl'anni: «Gli americani ci hanno colonizzato il subconscio» dirà Robert. Vincitore del premio FIPRESCI al 29° Festival di Cannes, il sesto film di Wenders è un road Movie quieto, dallo scorrere lento, poco parlato e girato in un bianco e nero a luminosità diffusa negli esterni, più contrastato e fitto negli interni. Il cineasta tedesco autore de Il cielo sopra Berlino (1987), Fino alla fine del mondo (1991) e del più recente Il sale della terra (2014) riesce in questo film a far passare tutto il suo amore verso il cinema, quì inteso sia come dispositivo in grado di dare vita a una storia, ma anche nel senso più originario di arte del proiettare. Esemplare la sequenza in cui i due viandanti inscenano uno spettacolo delle ombre, ottenendo grande entusiasmo da parte del pubblico infantile di fronte (ma sarebbe più corretto dire l'esatto contrario, vista la posizione di Bruno e Robert dietro al telo, oltre lo schermo, nel backstage) al quale si esibiscono. Sequenza che con apparente naturalezza ci riporta all'essenzialità del linguaggio cinematografico. Un gioco di luci e di ombre in movimento. Allo stesso modo la costruzione narrativa è ridotta all'osso, nel vagare imprecisato nei territori dell'ex DDR sul confine tra Germania dell'Est e Germania dell'Ovest. C'è un senso tutto suo, interno allo scorrere del tempo del racconto: un invito a godere di un altro modo di concepire il tempo e al contempo anche una narrazione anni luce lontana dal cinema di consumo, di puro intrattenimento, con un suo incedere che si adatta e segue la percezione soggettiva dei due personaggi. In questo senso è un tempo filmico per certi versi, spontaneo, libero: dilatato e imprevedibile, perché non piegato alle classiche logiche narrative. Due tappe fondamentali del loro viaggio sono le visite di Robert al padre e di Bruno nella sua vecchia casa. Se lo scorrere del tempo della/nella pellicola ha qualcosa di intimo, lo stesso non si può dire per lo sguardo della macchina da presa, che è invece distaccato; non ci è dato sapere le emozioni dei due protagonisti, il regista tedesco non si sofferma sui dettagli del loro passato. Essi sono ciò che ne possiamo cogliere nella durata del film, sono circoscritti al racconto, salvo piccoli indizi non ci sono veri e propri prima e dopo per queste due figure. Vivono all'interno del racconto intessuto da Wenders. Infatti, al pubblico viene negata ogni possibilità di condivisione o empatia con i personaggi. La loro memoria e i loro sentimenti rimangono pressoché inviolati, in una concezione della narrazione cinematografica che non privilegia lo sguardo dello spettatore Tommaso Moscati

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